Dopo aver analizzato nel precedente articolo i concetti biomeccanici di flessione ed estensione, oggi ci tocca parlare un po’ di abduzione e adduzione.
Anche qui è importante conoscerli per capire quali muscoli fanno cosa e quali sono i movimenti che li vedono protagonisti, così da saper individuare i migliori esercizi che li attivano.
Solita premessa
Ricordiamo che tutti i movimenti di flessione, estensione, abduzione, adduzione, intra-rotazione ed extra-rotazione, vengono descritti partendo da un posizione anatomica di riferimento.
Ogni volta che consideriamo la tipologia di movimento, dobbiamo immaginarci in piedi, con le braccia lungo i fianchi e i palmi rivolti in avanti (vedi il secco qui di fianco). Non escludo inoltre che alcuni autori possano utilizzare questi termini in modo leggermente diverso.
L’abduzione
Se il piano frontale è come una lastra che ci trapassa dalla testa ai piedi, dividendo il corpo in una metà anteriore e in una metà posteriore, il piano sagittale è sempre una lastra da sadico prestigiatore che ci separa idealmente in una metà destra e in una metà sinistra, perfettamente speculari. Per abduzione, quindi, si intende ogni movimento che allontana un arto o un segmento corporeo da questo piano.
L’esempio classico riguarda l’azione del deltoide, il principale muscolo della spalla, che, in sinergia con altri muscoli come sovraspinato e trapezio, allontana il braccio lateralmente fino a portarlo oltre la testa. Il fatto che poi l’omero si avvicini di nuovo al piano sagittale non deve trarci in inganno: si parla comunque di abduzione.
Per gli arti inferiori, considerando sempre la posizione anatomica come punto di partenza, possiamo allontanare sempre di lato la gamba stesa. L’abduzione della gamba, o meglio dell’anca, vede coinvolti i muscoli abduttori tra cui il tensore della fascia lata, il sartorio, il piccolo e il medio gluteo, con l’assistenza dell’ileopsoas e delle fibre superiori del grande gluteo.
Per abduzione si intende l’allontanamento di un segmento corporeo dal piano sagittale.
L’adduzione
Come è facile intuire, nell’adduzione abbiamo un movimento contrario, vale a dire un avvicinamento al piano sagittale.
I due muscoli adduttori più importanti nella parte superiore del corpo sono il gran pettorale e il gran dorsale. Il primo avvicina l’omero quando il braccio si trova nella parte anteriore del corpo, come quando facciamo le croci ai cavi, mentre il secondo adduce l’omero quando il braccio si trova nella parte posteriore. È per questo motivo che, negli esercizi per i dorsali, si consiglia molto spesso di portare i gomiti all’indietro per una migliore attivazione dei muscoli della schiena. Anche se sono spesso considerati come muscoli “antagonisti” tra loro, gran pettorale e gran dorsale sono entrambi adduttori e intra-rotatori dell’omero.
Per adduzione si intende l’avvicinamento di un segmento corporeo al piano sagittale.
Sempre riguardo al tronco, possiamo avere un’adduzione delle scapole, quando cioè apriamo bene il petto, portiamo indietro l’omero e cerchiamo come di schiacciare una noce posta tra le ossa scapolari: qui intervengono i muscoli romboidi e le fibre medie del trapezio. Nel movimento opposto, dove le scapole si allontanano, avremo un’abduzione delle scapole a opera principalmente del gran dentato.
Ritornando alla nostra anca, quando la gamba si avvicina al piano sagittale avremo ovviamente un’adduzione. Se sciogliamo la nostra posizione anatomica e ci sediamo sull’adductor machine con le ginocchia flesse, l’avvicinamento delle gambe tra loro avverrà grazie alla contrazione dei cosiddetti adduttori della gamba, ovvero di pettineo, gracile, grande adduttore, adduttore breve e adduttore lungo. Questi muscoli possono lavorare intensamente anche nello squat sumo, eseguito cioè tenendo una larghezza tra i piedi superiore rispetto allo squat tradizionale.
Nel video che segue, un Capo Tribù sempre più spettinato ti illustrerà alcuni movimenti che abbiamo discusso fino a qui. Buona visione.
Leggi anche:
– Le basi della biomeccanica: flessione ed estensione
– Le basi della biomeccanica: intrarotazione ed extrarotazione