Push up, come eseguire l’esercizio più odiato al mondo

Conosciuto anche come piegamenti a terra, spinte a terra o, volgarmente, “flessioni”, il push-up è un esercizio a corpo libero molto efficace non solo per rinforzare braccia e petto, ma anche per migliorare la postura e la percezione dei vari distretti corporei. In altre parole, si impara a far lavorare i muscoli insieme e si diventa più intelligenti a livello motorio.

Come ogni esercizio di spinta, i muscoli protagonisti sono il gran pettorale, i tricipiti e la porzione anteriore dei deltoidi (conosciuti anche come spalle), mentre altri muscoli, tra cui gli adduttori della scapola, i glutei e gli addominali, intervengono più che altro per stabilizzare il tutto.

I push up sono odiatissimi un po’ da tutti: sono faticosi, difficili da eseguire per chi è alle prime armi e ricordano tanto un addestramento militare. Anche chi bazzica regolarmente le palestre tende a snobbare questo esercizio o eseguirlo un po’ quando capita.

 

Guai a chiamare i push up “flessioni”

L’abitudine a chiamare questo esercizio flessioni è davvero dura a morire, ma se ci rifacciamo ai termini della biomeccanica, non ha assolutamente senso. Mentre spingo via il mio corpo dal tappetino, non sto eseguendo affatto una flessione dell’avambraccio sul braccio, ma il movimento contrario, cioè un’estensione. È vero che per scendere devo flettere le braccia, ma nell’esercizio vero e proprio, quando sono chiamato a contrarre i muscoli, queste si estendono! Chiusa parentesi.

 

Come impostare la tecnica corretta

Bene, immagina che una persona particolarmente sgradita ti stia addosso e tu debba respingerla lontano da te facendo leva soltanto sulle braccia.

Ci sei?

Bene, allora guarda la posizione che assumeresti.

Le mani, più o meno, saranno ai lati del petto e leggermente ruotate all’esterno. I gomiti saranno sotto le mani e le spalle a formare con esse una linea quasi continua. Le scapole si abbasseranno e si avvicineranno tra loro quasi volessero chiudersi: questo serve al gran pettorale per ottenere un massimo allungamento e prepararsi così alla contrazione più efficace e potente possibile.

Durante la spinta, la spalla tenderà a flettersi in avanti, ma le scapole resteranno in tono per controllare il movimento ed evitare che la schiena diventi curva come una scimitarra.

La spinta, naturalmente, non parte solo dalle mani, ma anche dai piedi. Il corpo è un unico blocco compatto che sale e scende senza cedimenti o sbavature. In questo senso, dovremo per forza attivare glutei e addominali per tenere in linea i vari segmenti. Di fatto, lo potremmo considerare una sorta di plank “mobile”.

Un errore comune, in questo esercizio, è portare le mani, e di conseguenza i gomiti, troppo in avanti: può sembrare così che pettorali e spalle stiano lavorando di brutto, ma in realtà è il modo migliore per stressare l’articolazione della spalla e consumarla prima del tempo. Come regola generale, quindi, è sempre meglio tenere i gomiti un po’ più in basso rispetto alle spalle.

Come varianti, posso allontanare un po’ le mani dal petto, cioè tenendole a una distanza più larga, per mettere fuori gioco i tricipiti (non del tutto, però) e spostare il lavoro maggiormente sul pettorale. Se invece voglio massacrare di più i tricipiti, che entrano in azione, lo ricordiamo, nell’estensione pura delle braccia, posso ridurre la distanza tra le mani. In entrambi casi, non esagerare, altrimenti si rischiano inutili forzature sulle articolazioni. E noi amiamo le nostre articolazioni, vero?

 

Cosa fare se non riesco a eseguire mezzo push-up

Il push up è un esercizio tosto per i principianti, soprattutto per chi ha poca forza nei tricipiti che, di solito, sono l’anello debole in tutti gli esercizi di spinta. Per semplificare, molti istruttori invitano gli allievi ad appoggiare le ginocchia a terra e spingere solo con le braccia. Questo può essere di aiuto, è vero, ma in questo modo non imparerò mai a coordinare tutti i muscoli stabilizzatori indispensabili per mantenere l’assetto giusto durante il movimento. Ricordiamo, sempre, che è il sistema nervoso il primo a dover essere addestrato, e non i muscoli direttamente coinvolti.

Un buon compromesso si può ottenere riducendo l’ampiezza del movimento, mettendo un ostacolo tra il petto e il pavimento: per esempio dei cuscini, una bag oppure, se possibile, una palla medica delle adeguate dimensioni. Così facendo, si fa meno fatica ma allo stesso tempo rimane intatta la meccanica originale dell’esercizio. Per chi proprio non ce la fa, prima di passare ai push up, si può sempre rafforzare il muscolo più debole con esercizi mirati e in isolamento.

 

Cosa fare per progredire

Se il push up a corpo libero non basta più, ci sono vari modi per renderlo più intenso e impegnativo. La prima soluzione potrebbe essere quella di far sedere qualcuno sopra di noi (magari mettere una piastra da tot kg sulla schiena è più pratico), stando bene attenti a non sacrificare comunque la tecnica e gli accorgimenti detti in precedenza. Un’altra via può essere quella di “sfalsare” il piano di lavoro: appoggio i piedi su un rialzo, come una panca, una sedia o una box, in modo da ottenere un diverso stimolo sui pettorali. Anche qui, valgono le stesse regole.

 

In conclusione

Il push up è un esercizio semplice solo in apparenza. La tecnica è molto simile agli altri esercizi di spinta, come la panca piana o le spinte su panca con i manubri, soltanto che qui il peso è costituito dal nostro corpicino. Imparare a farlo, e bene, non solo ci renderà più forti, ma anche più “intelligenti” nel reclutare e far lavorare in sinergia i muscoli che la natura ci ha donato.

Inoltre, saremo finalmente pronti per arruolarci nei marine. 😊


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By Capo Tribù

Aka Gianluca Riboni. Pensatore, personal fitness trainer ISSA, insegnante di Anukalana Yoga, leader di Yoga della Risata, scrittore e blogger (un po') incompreso. E soprattutto, sognatore a piede libero.

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